Sono una nonna sono una madre

 

Sono una nonna, sono una madre, non sono cristiana.

Sono stata di sinistra e politicamente corretta.

Oggi a sessantasei anni mi sento politicamente scorretta.

Sono passata dalle lotte di classe e manifestazioni di piazza alla lotte intestine coi miei figli tra pannolini, pappine, brufoli puberali e crisi adolescenziali che Edipo, Freud e Jung mi fanno un baffo.

Da madre normodotata, senza infamia e senza lode, ho fatto il genitore, o meglio la genitrice, ma ho vinto l'Oscar, il premio Nobel come nonna Boss.

In verità dovevo essere la nonna Ross per la mia nipotina, ma per lei ero la nonna Boss, così come l'otto marzo per lei non era la festa della donna ma della nonna, senza se e senza ma.

E queste sono comunque soddisfazioni nella vita, anche se provengono da una piccola bambina.

L'apoteosi invece è sopraggiunta quando i miei figli in età matura mi hanno consigliato di farmi vedere da uno bravo.

Ma come, loro che sono in terapia da anni suggeriscono a me le cure dallo strizzacervelli?!

No mamma, non si chiama strizzacervelli ma psicologo, psicoterapeuta, psicanalista, e vedrai che se a sessantasei anni andrai in analisi, a novantanove anni sarai consapevole che la colpa di tutto era di tua madre.

Minchia! E che me ne faccio a novantanove anni di sapere che la colpa di come sono era di mia madre?!

E poi quale colpa poteva avere quella povera donna che mi ha cresciuto ed educato praticamente da sola poichè mio padre per lavoro era sempre assente, certo come ha saputo e potuto, ma sconsolate io e lei guardavamo le corna di cervo imperituro che troneggiavano sull'armadio di fronte al lettone a rimembrare ricordati che devi tradire...

Casomai ci fosse un colpevole sarebbe un padre, ma sinceramente i miei genitori hanno influito sulla mia vita fino alla maggiore età, poi tutte le scelte, giuste o sbagliate, sono state le mie, e quindi perchè mai addossare alla mia famiglia la responsabilità dei miei errori o successi?

Oggidì invece è sempre colpa della famiglia, o meglio del rapporto con la madre. 

Altro che complesso d'Edipo, qui c'è un'intera banda che suona la campana a morto, il gong dal devi tradire al devi morire.

Una volta andai da uno bravo, anzi era una brava.

Erano i tempi del Covid e quindi presa dall'ansia e dall'angoscia mi recai dalla psicologa del consultorio.

Dovetti compilare una pila di fogli di un questionario a cui alla faccia della privacy mancava solo la domanda sul numero di scarpe, eppure eseguii diligentemente l'arduo compito.

Alfine, dopo un'ora di ascolto e dialogo, la consulente della psiche emise la diagnosi finale: dovevo solo dotarmi di occhiali in modo da evitare in ufficio gli sputi di saliva.

Azzo! Anvedi la scienza! Altro che contagi, tamponi, vaccini, bastavano un paio di lenti per sconfiggere virus e pandemia!

E quella fu la mia prima e ultima volta che andai da una brava.

Ma memore del consiglio medico e professionale, quando i miei figli mi hanno detto che dovevo  andare da uno bravo, la mia risposta è stata che bastavano un paio di occhiali.

O meglio un paio di occhi nuovi per guardare la loro madre in modo diverso.

Perchè gli occhiali ora servono a me per scansare gli sputi.

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