Fuori luogo

Alda Merini, la poetessa etichettata come fuori luogo, quale madre, donna e persona.

Fuori luogo significa socialmente e umanamente inopportuno, inadeguato, talvolta sconveniente.

Essere fuori luogo crea imbarazzo e disagio, qualcosa o qualcuno per cui quasi si prova vergogna.

Il suo contrario è appropriato, adatto, talora adattato o uniforme oppure reso conforme.

Sovente i genitori per i figli sono fuori luogo, portatori insani di illazioni, ovvero di giudizi formulati per deduzione che danno per risultato una ipotesi, frutto di un procedimento mentale con cui da una premessa si trae una conseguenza logica, ovviamente arbitrale.

Viceversa i figli sono insindacabilmente portatori sani di verità e realtà.

Non si può argomentare con un figlio, se non si vuole essere tacciati e accusati in un processo sommario la cui sentenza risulta già scritta.

I genitori sono sempre colpevoli, i reati spaziano dalla negligenza al perfezionismo, dall'indifferenza al protagonismo, dall'anaffettività all'invasività, dall'autismo alla logorrea. 

I figli invece non sono mai responsabili, costantemente affettuosi, comprensivi, solidali, rispettosi, attenti.

Mentre i genitori sono continuamente fuori, loro sono incessantemente dentro. In tutti i luoghi in tutti i laghi. 

Coniati i primi due aggettivi tossico e inclusivo, siamo giunti così al terzo termine mitico: narciso.

Come Narciso, un giovane talmente bello da innamorarsi della propria immagine riflessa e tramutarsi in fiore, essere narcisista in psicologia è adorare se stessi e mancare d'empatia verso gli altri.

Eccoci attribuito il quarto aggettivo corale: empatico. Ossia la capacità di mettersi nei panni altrui, di ascoltare e supportare senza giudicare.

Ciò che ogni figlio desidererebbe dai propri genitori. O forse quel che ogni genitore vorrebbe dai propri figli. Utopia.

Però esiste anche l'empatico oscuro, che non è un gioco di società, ma colui o colei che utilizza l'abilità di comprendere emozioni per manipolare, ingannare e controllare.

Non essendo di carattere molto empatica, mi ritengo assai distante dal lato oscuro dell'empatia. 

Idem dicasi per il narcisismo, definendo il mio egocentrismo umile e modesto, mai egoriferito: il quinto vocabolo da manuale aggiornato di psicologia. 

Di conseguenza che ci vado a fare da uno bravo se so già tutto?!

Io non voglio cambiare, la mia natura, la mia individualità, la mia identità.

Desidero essere conforme solo a me stessa.

Posso piacere o non piacere, mi si può amare od odiare, ma questa sono io, con ciascuna mia ruga caratteriale forgiatami dalla vita vissuta.

Voler bene è accettare, ed accettarsi, coi propri pregi e difetti. Possibile che la memoria sia solamente rivolta ai ricordi brutti e mai a quelli belli?

Si può non condividere una scelta ma sempre nel rispetto del libero arbitrio. Nulla è dovuto ma tutto conquistato, la gente non è tenuta a capirci.

I figli non si pongono mai domande sulle motivazioni che determinano il comportamento dei loro genitori, dimenticando che gli stessi sono stati a loro volta figli e bambini. 

Purtroppo non si tramandano più le storie delle famiglie e nessuno mostra alcuna curiosità in merito.

Altresì ogni genitore è tenuto a ricordarsi quanto accaduto alla festa della scuola trent'anni prima, ma se non ne rimembra l'evento, la mannaia del giudizio cade inesorabile tagliando teste e cuori.

Laddove i figli rievocano il passato, le cellule cerebrali attempate principiano ad incanutirsi, alla ricerca di una via di salvezza dal patibolo per lo smemorato genitore.

Sino a scoprire alfine che il sangue del tuo sangue per una esistenza intera ti ha tradito e remato contro... 

Per la tua senile fragilità, quel passaggio letale dal fuori luogo al fuori di testa è una lama affilata che ti uccide, dentro.

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